giovedì, aprile 19, 2007

What's left

Spulciando curioso tra i bancali della libreria sotto casa, mi sono imbattuto giorni orsono nell'ultima fatica di Bruno Arpaia, firma prestigiosa e poliedrica della pubblicistica recente, che con piglio insolito affronta i dilemmi della post-modernità. A offrirgli questa opportunità sono ancora una volta i tipi di Guanda, mettendo nero su bianco i risultati di un'indagine saggistica volta a illuminare il destino impietoso di una sinistra italica, stretta tra i bagliori di un passato remoto e le ombre inquietanti di un futuro ancora da decifrare. E quale titolo migliore poteva assumere questa nuova narrazione se non un ossimoro ben condito, una ibridazione semantica irta di interrogativi come "Per una sinistra reazionaria"? Per fortuna nostra e di tutti i curiosi che vorranno cimentarsi con questa impresa le pagine scorrono veloci, gli argomenti si intrecciano vorticosi senza lasciare però i segni di una riflessione urticante, seppur supportata da citazioni brevi e frequenti, avvitate come sono su un canovaccio leggero, che ad ogni pagina offre spunti di riflessione universale e personale. Qualcuno obbietterà che non si tratta del parto di uno specialista, di uno studioso rotto alle ricerche più attente e aggiornate, indegno quindi di quelle attenzioni che solo un soggetto supposto sapere può trarre attorno a sè. Niente di più sbagliato, perchè questa volta alla forza degli argomenti si unisce il peso delle vicissitudini di un popolo sbandato, confuso, la forza di un'indignazione che serpeggia impetuosa nei loro animi e li rende sempre più simili alle fragili caricature di una middle class di ballardiana memoria. Che si debbano lasciare una volta per tutte le pagine ingiallite del Capitale per sostituirle con quelle ribalde di Millennium People? L'irrompere del web e la trasformazione dei mercati globalizzati hanno modificato profondamente la vita di tutti noi, sottraendoci lentamente il senso delle cose, la profondità del nostro tempo, fino a realizzare pienamente il disegno della società a una dimensione. Purtroppo ricette non ce sono e l'isolazionismo sociopatico in cui si rinchiude l'homo consumens non lascia presagire niente di buono ma come nell'affabulazione heidegerriana l'arte e il racconto sono ancora lì, suggerendoci sentieri in-terrotti ancora da percorrere.

1 Comments:

At 2:11 PM, Anonymous Anonimo said...

bellissima recensione
K

 

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