martedì, settembre 19, 2006

Dalla realtà al reality e ritorno

La realtà è una dimensione del vivere di cui tutti hanno consapevolezza universale ma di cui ognuno ha una esperienza particolare: infatti gli eventi o gli stati fisici che la sottende sono avvertiti in maniera differente da ogni persona e di conseguenza inducono ad una diversa lettura dell'esistente. Nondimeno essendo spesso sentita come una emanazione del concreto, disseminata com'è di paure e di incognite, si cerca sovente di ignorarla ricorrendo agli espedienti più disparati: dalla dipendenza ai farmaci, all'uso di sostanze psicotrope, per arrivare fino al ricorso ostentato della malattia mentale. Probabilmente per questi ed altri motivi più reconditi è invalsa ormai l'abitudine di ribaltare l'ordine naturale delle cose e attribuire un'importanza capitale a eventi virtuali, del tutto avulsi dalla prassi corrente, come i reality televisivi che in maniera pervasiva si stanno diffondendo nelle reti nazionali. Trasmissioni simili hanno messo il turbo alle aspettative di fama e di benessere che una storia personale mediamente ordinaria finirebbe a tanta gente per impedire, permettendo nel contempo la creazione di un format di successo dal duplice obiettivo: creare l'attrattiva tipica del gossip negando nello stesso tempo la veridicità e il fondamento del suo supporto narrativo, incentrato sul succedersi della vita quotidiana. Anni fa il noto artista americano Andy Warhol aveva preconizzato l'enorme impatto che il mezzo televisivo avrebbe avuto nella vita di tutti i giorni, anticipando con una felice battuta che per suo tramite ognuno di noi avrebbe avuto il suo quarto d'ora di notorietà. Seppur a distanza di anni non possiamo che essere d'accordo con lui, al punto di riconoscere la nascita e lo sviluppo di autentiche figure "professionali" che hanno fondato la loro fortuna su queste comparsate televisive: in questo modo si è costituito un mondo parallelo, fatto di nani e ballerine, il cui scopo primario sarebbe quello di intrattenere il pubblico davanti al video. Queste figure vagano così per allestimenti collaudati che presentano sempre uno spettacolo isterico, immerso in situazioni concentrazionarie, da cui una regia invisibile cerca di riprodurre le reazioni più controverse. In questo teatro delle crudeltà, che farebbe invidia alle rappresentazioni visionarie di Huxley o di Zamjatin, si condensa il calcolo oltraggioso di una società massificata, ove il vero non è che un risvolto del falso, ove il mito della fiaba è stato travolto sotto il peso della retorica cialtrona delle emozioni a buon mercato. Chiederci dove ci porterà questo palcoscenico slabbrato è diventato nel frattempo occupazione devota per molti opinionisti, il cui solo merito è quello di frequentare salotti ben informati, ove transitano addetti ai lavori da cui cogliere un cenno eloquente, una parola definitiva che possa illuminarci sul nostro futuro prossimo venturo salvo forse, quello sì, suggerirci come ritornare alla vecchia, noiosa realtà di una volta.