lunedì, settembre 04, 2006

Caro manifesto

Caro manifesto, sabato scorso ho acquistato come di consueto l'edizione in edicola, passando quindi alla lettura e sfogliandolo pagina dopo pagina sentivo salire un senso di disappunto diffuso. Osservavo la carta, scorrevo la grafica e i titoli, per poi calarmi nella selezione degli articoli a mio avviso più sentiti, ma per quanto ci provassi non riuscivo ad allontanare quello spirito di distratta assuefazione. Sono un lettore di vecchia data, tant'è che la prima copia penso risalga ai primi anni '70, di quando il giornale assomigliava più a un bollettino politico che altro. Vi ho seguiti con entusiasmo negli anni successivi fino ad oggi, aderendo volentieri alla proposta di azionariato diffuso che vi fornì certamente una vernice innovativa e perchè no anche di capitali freschi per continuare il vostro cammino. Ho vissuto con timore e partecipata perplessità le numerose disavventure finanziarie che in questi anni hanno ostacolato la vostra vita editoriale, coraggiosa e piena d'inventiva ma anche di errori di valutazione che vi sono costati difficili rimonte. Ma questa volta, per quanto partecipe, sento che qualcosa non va e non si tratta di affetto mancato o di scarsità di informazione, è il fatto che un giornale come questo, così marcatamente fuori dal coro, non può più sopravvivere a lungo con una veste così lugubre, poco accattivante e con una grafica priva di movimento. Se poi ci mettiamo la linea del giornale, per quanta smussata da punti di vista disarmonici, e la prevedibilità degli argomenti, ne deriva un senso di rigida affabulazione che non fa onore a chi lo scrive e tantomeno ai suoi lettori. Quindi a mio avviso, accanto alla grande campagna di autofinanziamento, sarebbe opportuno aprire un grande dibattito anche sui contenuti, a partire proprio dalla veste editoriale perchè, se la forma è sempre anche sostanza, non è più rinviabile una riflessione sul "modo" in cui ci si propone in edicola. Con affetto e stima, cordiali saluti.