martedì, aprile 24, 2007

Caro Alberto, non ti dimenticheremo


domenica, aprile 22, 2007

Non ci posso credere!

Passano pochi giorni dal mio ultimo post e cosa succede? Il campionato italiano finisce con qualche domenica d'anticipo, premiando la squadra più forte della stagione ma anche la più odiata del momento: l'Inter di Massimo Moratti vince il suo quindicesimo scudetto ma ancora una volta non riesce a far suo quel tributo unanime che le manca dagli anni 60, da quando il patron Angelo seppe farne un mito del calcio, appannatosi inesorabilmente a causa di una faciloneria autolesionista che sarebbe stato il marchio del club per molti anni a venire. Nondimeno vittima di un calcio ormai privo dello storico appeal e quindi di eventi percorsi sempre dall'ombra del tranello che, sotto il peso della desolazione incombente, sanno solo accendere parapiglia mediatici che civettano con gli enormi interessi economici in cui si dipana il "soccer" nazionale. Ma evidentemente come dice la tradizione popolare, i "guai non vengono mai soli": infatti accanto ai clamori festosi provenienti dai campi di gioco si poteva ascoltare la notizia politica del giorno, che celebrava finalmente il matrimonio tanto atteso tra due grandi partiti del teatrino italico, ovvero i DS e la Margherita. Dopo trent'anni dall'omicidio di Aldo Moro, sacrificato nel nome della fermezza e dell'ipocrisia statuale (valgano per tutte le osservazioni di Leonardo Sciascia), si porta a termine il disegno politico del compromesso storico, dissolvendo quelle convergenze parallele che hanno caratterizzato il cammino di questo paese e aprendo una fase nuova nel sistema dei partiti, finalmente orfani dei loro retaggi novecenteschi per concentrarsi in maniera definitiva sui destini del neo-liberismo planetario. Purtroppo dopo l'epoca del terrorismo, quella di tangentopoli, passando tra tentazioni golpiste e scandali alla luce del sole, questo paese senza stile e senza memoria non trova di meglio da fare che alzare il velo sul declino di una tradizione che mette, almeno per il momento, la parola fine su ogni sogno progettuale legato al politico. Se nell'antica Grecia i filosofi erano chiamati al governo delle cose, oggi siamo ormai alla mercè di amministratori mediocri che si presentano alle folle dividendosi tra marketing e retorica, orientati come sono ad addomesticare il presente ma assolutamente incapaci a progettare l'im-possibile. Come direbbe Woody Allen: "Dio è morto, Marx è morto e anche io non mi sento tanto bene".

sabato, aprile 21, 2007

Francesca Woodman


Untitled, The Estate of Francesca Woodman, New York

giovedì, aprile 19, 2007

What's left

Spulciando curioso tra i bancali della libreria sotto casa, mi sono imbattuto giorni orsono nell'ultima fatica di Bruno Arpaia, firma prestigiosa e poliedrica della pubblicistica recente, che con piglio insolito affronta i dilemmi della post-modernità. A offrirgli questa opportunità sono ancora una volta i tipi di Guanda, mettendo nero su bianco i risultati di un'indagine saggistica volta a illuminare il destino impietoso di una sinistra italica, stretta tra i bagliori di un passato remoto e le ombre inquietanti di un futuro ancora da decifrare. E quale titolo migliore poteva assumere questa nuova narrazione se non un ossimoro ben condito, una ibridazione semantica irta di interrogativi come "Per una sinistra reazionaria"? Per fortuna nostra e di tutti i curiosi che vorranno cimentarsi con questa impresa le pagine scorrono veloci, gli argomenti si intrecciano vorticosi senza lasciare però i segni di una riflessione urticante, seppur supportata da citazioni brevi e frequenti, avvitate come sono su un canovaccio leggero, che ad ogni pagina offre spunti di riflessione universale e personale. Qualcuno obbietterà che non si tratta del parto di uno specialista, di uno studioso rotto alle ricerche più attente e aggiornate, indegno quindi di quelle attenzioni che solo un soggetto supposto sapere può trarre attorno a sè. Niente di più sbagliato, perchè questa volta alla forza degli argomenti si unisce il peso delle vicissitudini di un popolo sbandato, confuso, la forza di un'indignazione che serpeggia impetuosa nei loro animi e li rende sempre più simili alle fragili caricature di una middle class di ballardiana memoria. Che si debbano lasciare una volta per tutte le pagine ingiallite del Capitale per sostituirle con quelle ribalde di Millennium People? L'irrompere del web e la trasformazione dei mercati globalizzati hanno modificato profondamente la vita di tutti noi, sottraendoci lentamente il senso delle cose, la profondità del nostro tempo, fino a realizzare pienamente il disegno della società a una dimensione. Purtroppo ricette non ce sono e l'isolazionismo sociopatico in cui si rinchiude l'homo consumens non lascia presagire niente di buono ma come nell'affabulazione heidegerriana l'arte e il racconto sono ancora lì, suggerendoci sentieri in-terrotti ancora da percorrere.