domenica, aprile 27, 2008

Dell'arte e della sua inanità

Dopo molti rinvii finalmente l'opportunità tanto attesa: un fine settimana pieno di sole che mi offriva la possibilità di avvicinare un evento di indubbio interesse. Infatti da giorni tenevo a mente la mostra che la fondazione Bevilacqua la Masa aveva inaugurato nella seconda metà di marzo, accogliendo nelle sale della sua sede operativa a Venezia una dei maggiori performer di oggi, ovvero Maja Bajevic. Le cronache la dipingono come una "nomade" influenzata da molteplici esperienze che, per sfuggire alla guerra che martoriava Sarajevo sua città natale, ha finito per diventare cittadina del mondo, proiettando nei suoi video le angosce e le speranze di un'intera generazione. Fin dalla fine degli anni novanta, periodo in cui arriva a maturazione il suo percorso artistico, non si contano le opere legate all'arte visiva uscite dalla sua fervida immaginazione, portandola progressivamente ad animare le gallerie e le fondazioni di mezzo mondo, così da fare di Parigi, Venezia e infine Berlino le città ove risiede con maggiore frequenza. Forte di questi argomenti e sull'onda delle positive recensioni raccolte, mi sono recato con passo lesto verso la sede della fondazione, dove potevo contare sull'allestimento di alcuni lavori particolarmente rappresentativi della sua poetica. In particolare quel "Repetitio est mater studiorum", frutto di un lavoro appositamente realizzato sul posto con la collaborazione del personale interno in vista della vernice. Non vi dico quindi la delusione quando alla sommità della scala che immette ai locali del palazzetto, mi sono trovato invece nell'impossibilità di accedervi fisicamente. Infatti il salone che la accoglieva era occupato da un intreccio inestricabile di lana, fili metallici e reticolato, creando un intarsio colorato disposto su una duplice direzione. Al di là dell'innegabile suggestione che poteva muovere un simile artificio, non ci si poteva altresì esimere dal fastidio per la scarsa avvedutezza logistica in quanto per accedere alle stanze limitrofe sarebbe stato necessario inginocchiarsi e spostarsi carponi fino all'estremità opposte. Nell'impossibilità di procedere nel mio intento, ho girato i tacchi e mi sono diretto lentamente verso l'uscita, pensando all'inutile autolesionismo in cui si dibattono simili iniziative. In un paese come il nostro, dove malversazione e retorica vanno a braccetto, l'arte è una delle poche espressioni che può suscitare ancora una passione diffusa, fatta eccezione quando si manifesta con simili contorsionismi, preferendo all'interrogazione festosa il pleonasmo inconcludente. Soprattutto quando questi eventi sono accolti da strutture pubbliche, il cui dichiarato obiettivo è quello di promuovere la formazione e diffondere l'interesse per l'arte di oggi.